Il polpettone di fagiolini si fa senza patate. Un’affermazione che, spesso, fa discutere. Tuttavia ha una sua semplice spiegazione: il polpettone di fagiolini esiste prima della patata. O per meglio dire: veniva cucinato prima che la patata fosse introdotta in Europa dalle Americhe e che, particolare non da poco, finisse di scontare una quarantena di due secoli in cui era stata tenuta.
Alla patata, infatti, toccò la stessa esperienza negativa toccata alla melanzana (mela-insana): entrambi vennero ritenuti prodotti del Demonio gravati di proprietà peccaminose e tossiche.
La patata giunse in Italia passando proprio dalla Liguria. Siamo nel 1574: dalla Spagna arrivano i primi Carmelitani Scalzi e con loro i primi esemplari di tubero. Attraverso le valli valdesi, la patata raggiungerà poi il suo paese d’elezione: la Germania. Ma, come detto, la vera diffusione della patata avvenne, in Liguria, come nel resto dell’Italia, nella secondo metà del Settecento quando le esigenze alimentari si fecero pressanti. Si comprese che la patata, se fosse entrata nell’alimentazione di ogni giorno, avrebbe potuto sostituire il frumento negli anni, frequenti, di carestia.
Il merito va ascritto ad un sacerdote chiavarese, Michele Dondero (1744-1813) che riprese scritti e teorie di Antoine Parmentier, il vero diffusore della patata in Europa, pubblicandone degli estratti sul foglio settimanale “Avvisi di Genova”: siamo nel 1779. Ma veniamo al nostro polpettone, di fagiolini e genovese, “scciattamaio” in genovese secondo il dizionario di Olivari. Attenzione alla grafia, con la doppia “c”, perché il significato è quello di “schiattamarito”: veniva mangiato a rischio di indigestione, “di schiattare”, insomma. La sua origine, contadina, è antichissima. Nel Medioevo era conosciuto come “scarbassa”: la cesta di vimini che veniva appesa a dorso di mulo per la raccolta delle verdure. A dirla tutta, i Ratto, nella loro cuciniera storica del 1863, non dedicano particolare attenzione al polpettone di fagiolini che relegano alla ricetta 61 “Polpettone di altri erbaggi”, privilegiando quello di zucca, ma escludendo, comunque, l’utilizzo delle patate, riservate, invece, ad un polpettone di patate e formaggio.
Se abbiamo detto delle patate, grandi assenti in questa preparazione, dobbiamo anche dire dei fagiolini. A Genova i “besagnini” , i verdurai chiamati in questo modo perché provenivano dalla Valle del Bisagno, li chiamavano “pellandroin”, pelandroni, scansafatiche. Ma vediamo la sua ricetta.