Occuparsi de Lo Scalo di Pieve Ligure non è cosa difficile. Basta avviare il navigatore in modalità gusto giusto. Lo avevamo fatto in tempi piuttosto recenti, per la cucina di grande tradizione portata avanti con orgogliosa dedizione e mano felice dal vulcanico Andrea Farsaci.
Siamo tornati nell’incantevole Pieve per assaggiare le pizze che il giovane, ma già plurititolato pizza chef Matteo Moretti , propone in modalità che ci avevano davvero incuriositi. Abbiamo optato per una “verticale” che, trasposta sul tavolo, è un po’ come una sfilata di moda a Trinità dei Monti. Ci piace fare una premessa necessaria…Sgomberiamo il campo dagli equivoci che non si possa fare cucina all’altezza se, il vicino di tavola, sta degustando una pizza. Lo Scalo di Pieve Ligure è la dimostrazione pratica che il connubio è possibile e non solo: estremamente palatabile. Un po’ lo rivendicano con orgoglio, ma da queste parti la pizza gourmet sta di casa da inizio secolo.
Si fa presto a dire pizza…
In questo campo, ci spiace rilevarlo, non sempre la qualità vien compresa nella sua pienezza. Matteo Moretti ci ha spiegato come il concetto di “lunga lievitazione” non sia un tema determinante. C’è , piuttosto, da porre l’accento sull’uso che viene fatto della pasta di riporto e non del lievito. La pasta, certo, che nasce dalla selezione di farine molto particolari.
Qui viene usata, ad esempio, la farina di carruba che denota una grande attenzione alla leggerezza e alla digeribilità. Ma anche le farine integrali che arrivano dal territorio di Moconesi. Anche quando è fritta e cotta al forno, la “nostra” mantiene sempre toni leggeri che vanno fatti notare.
Sempre restando al tema, fondamentale, dell’impasto davvero singolare, e dal risultato sorprendente in termini di concentrazione di umori sapidi, l”uso dell’acqua di governo della bufala. Gusti saporiti ma sempre equilibrati. Basti un esempio per altri dato dall’uso della curcuma come cardine dell’impasto. Lo addizionano nella farcitura di bufala affumicata con il cipollotto saltato e la salsa di soia.
Non possono mancare gusti marcati come quelli contrassegnati dalla “Calabrese” dove la mozzarella fior di latte stempera il gusto severo della n’duia.
Le consistenze del tradizionale cornicione sono davvero interessanti. Si notano abbinamenti che vedono la ricotta nel ruolo di protagonista, calibrata con sapienza alla bufala e alle melanzane fritte.
Le farciture, in ordine sparso, rappresentano una spasmodica ricercatezza degli elementi e della loro specifica genuinità. E allora parliamo di polvere di capperi, sfere di ricotta, pomodorini confit, tonnarella di Punta Chiappa. Ma anche il gusto mediterraneo del pomodoro d’Aragona: un tributo agrigentino alla sicilianità del patron, pagato in modo qualitativamente perfetto.
Sentite questa: uovo disidratato alla bottarga, verdure e tonno: a ricreare le atmosfere del ligure “cundiggiun”. C’è anche l’omaggio al basilico con l’uso ragionato e moderno di “aria” della nostra piantina più celebre. E per chiudere, ancora l’omaggio alla Liguria con l’uso del latte delle valli genovesi ma anche di uno stracchino molto particolare, ed apprezzabile, come quello di “grotta” di Tiglieto.
La pizza,insomma, declinata secondo la grammatica del sapore che , qui a Pieve Ligure, più che uno scalo sembra aver trovato un approdo sicuro.
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