Se Gianni Brera aveva scomodato la Dea Eupalla per raccontare di facondie pallonare, ci tocca inventare la Musa Gurmelia dopo essere ammarati a Capo Santa Chiara by Ten con lo chef Marco Carlucci.
Dovendo giustificare un’ overture di questo calibro, sarà bene tuffarsi subito nel variegato spartito di una degustazione che ci ha soddisfatti per tanti versi. Ma ci ha in aggiunta stupiti di come si possa concentrare tanto territorio in un’ azzeccatissima proposta degustativa.
Il sentir sciorinare nel corso della sempre precisa narrazione dei piatti, tanti vocaboli consueti al cuore ma desueti al palato, lo ammettiamo, ci ha predisposti ad una curiosa cautela.
Si sciolgono gli ormeggi con un ‘amuse bouche composta da una tartelletta dove la crema di zucchine trombetta e prescinseua già ci prepara. La sequenza è quella di a degustare una chip al nero di seppia e patate schiacciate rifinita da un’emulsione di colatura di alici. Triade di proposte completata da una sfera di baccalà in tempura al pane panko e crema di aneto. A traghettare i sapori verso altre proposte un infuso di mela verde, lime e basilico che centra perfettamente l’obiettivo.
Di sicuro effetto l’arrivo nello splendido scenario della terrazza, del braciere con carboni di bambù al fumo dei quali chef Carlucci rifinisce le chele dell’astice servito in court boullion . A completare anguria scottata, panzanella moderna e acqua di pomodoro.
Un pansoto di calamaro? Si può fare sotto forma di un cilindretto che avviluppa un sempiterno come il Preboggion che nel pansoto trova la sua massima espressione. La semplicità sta di casa in questo piatto completato da uno scampo marinato al lime con aggiunta di bottarga di tonno rosso e una gentilissima salsa al Pigato a chiudere.
Terra e mare nei bottoni di gallina con all’esterno cubotti di gallinella , erba Luisa e Ciuppin a rinverdire la tradizione marinara.
L’ostrica nelle sue declinazioni ormai ben assecondate da molte parti della cucina, qui trova un esempio di semplice dedizione. La sapidità della nobile Gillardeau spremuta a sposarsi con uno spaghetto Martelli a lenta essiccatura. Troviamo del caviale Calvisius e della paprika affumicata.
Giochi di sapore in continuità con un rombo chiodato accompagnato da una salsa bianca all’aglio dolce e una verde. A fianco verdurine di stagione.
Ancora terra e mare o se volete acqua e cielo con questo piatto che riassume due gusti delicati come quello della quaglia e dello scampo entrambi leggermente scottati. Puntuale l’apporto della scorzonera in ben due consistenze: fritta tre volte e una in crema. Il sugo di quaglia che viene asperso come se provenisse da un’ acquasantiera laica è una benedizione. Completa un piatto perfetto che raccoglie le declinazioni che vanno dal delicamenti dolce all’amaro come in un ipotetico giro di lancette dell’orologio del gusto.
Dulcis al fondo. Ancora Erba Luisa con mandorle al sale, pesca bianca. Qui il sorbetto alla pesca bianca è davvero l’elemento fresco che equilibra il dessert.
A colpire la memoria è però l’ultima proposta. In questo caso l’albicocca di Valleggia flirta con la ricotta della Val di Vara , la maggiorana e il miele fermentato. Questa ultima proposta ci lascia spazio per applaudire la puntuale scelta dei vini in accompagnamento. Parliamo di un azzeccato mix di territorio e proposte nazionali ed internazionali. Ma una citazione a parte merita l’abbinata nuziale dell’albicocca di Valleggia con un Eiswein 2018. Vino dal moderato contenuto zuccherino che non ti fa staccare dalla bottiglia.
E’ stata una festa del gusto quella che ci ha visti in compagni di chef Marco Carlucci e dove abbiamo conosciuto anche Giorgio Altomonte che di Carlucci è il secondo. Ma è anche il responsabile del fatto che ci siamo innamorati dei dolci essendo lui l’artefice pasticciere. Con loro in cucina ci sono Andrea Ghittino, chef de partie entremetier e Pietro Solari, chef de partie sausier. In sala ci siamo avvalsi della competenza di Giovanni Miano sommelier, e di Andrea Berto, secondo maitre. Un particolare saluto a Mauro Rossi.