La cucina di Marco Carlucci, chef di Capo Santa Chiara Ten, si può richiamare in due parole, in un motto lapidario: sogno concreto. Alla base del suo procedere c’è una profonda padronanza delle tecniche di lavorazione e della ricercata, non ostentata, combinazione di gusti e colori. Si perchè quella di Marco è cucina di colori e di soluzioni spettacolari dove lo chef , comunque , si mette in gioco ogni volta che esce dalle monotonie e dalle riproposizioni. E’ bravo Marco Carlucci a tracciare nuove rotte con il sestante della fantasia. Le sue addizioni di gusti non sono mai banali e, per questo, diverte in quanto è il primo lui a divertirsi. In tempi recentissimi abbiamo seguito un suo percorso dove abbiamo spaziato tra nuove proposte e piatti consolidati. Ne è sortito un mix appagante in perfetto connubio con la spledida location, quella perla del Santa Chiara, che ospita la sua cucina fantastica ma rispettosa.
Ed è qui , nella disamina dei piatti, che salta fuori un Marco Carlucci profondamente intriso di cultura gastronomica del territorio. Non solo la capacità di assemblare gusti che potrebbero risultare scivolosi come l’insidioso lavoro portato avanti sulla zucca. Ma il continuo, piacevolmente maniacale, richiamo ai prodotti liguri. In una sola degustazione è, a nostro parere e memoria, quello che ha più corposi riferimenti rispetto a questo tema. Lo accompagnano in questa bella avventura i suoi compagni di cucina che rsipondono al nome di Andrea Ghittino e Erika Mammoliti. In sala lo supportano, in modo esemplare, Giovanni Miano e Andrea Berto. Non c’è quasi piatto del percorso che non abbia più o meno corposi richiami a questa “mission”. L’amaretto del Sassello si congiunge con la zucca rivierasca.
L’ Erba Luigia fa capolino nel finale . Baccalà, basilico, prescinseua, maggiorana in rispettoso ordine vanno a fare fattore comune sotto la regia di Marco Carlucci che si concede richiamandosi alla sardenaira. Insomma la Liguria nel piatto a Capo Santa Chiara.
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