La mitica Gina del Campasso. Scrive l’amica Daniela Toni Pieroni su fb: “===civ.14r : di fronte, a sinistra, era l’ingresso dell’ antica trattoria della Gina del Campasso (“Ginn-a do Campasso”). Sfrattata dalle ferrovie da un locale vicino più antico ed adibito a osteria-cucina casalinga, la Gina (al secolo Caterina Marchese (leggi sotto per la famiglia) già vicina ai settanta, piccoletta tarchiata e robusta, accanita e fortunata giocatrice al lotto) si trasferì nel 1860 in quei locali, chiamandoli “Trattoria della Gina, (Campasso)”.
La ‘reclame’ all’inizio la poneva – ed ancora nel 1902 – in “via Vittorio Emanuele, loc. S.Martino”; poi in via Giordano Bruno al 14 e 16 rosso, ricreando dapprima una trattoria di campagna, facendola divenire poi via via un ristorante di lusso, un obbligo da visitare: le mense coperte da fini tovaglie ed allietate da fiori e porcellane decorate, ma soprattutto con la fama di dove si “mangia bene” e si beve del vero Coronata. Gina del Campasso Le sue specialità erano: antipasti tradizionali; ravioli, lasagne o trenette al pesto; fritto misto (piatto forte del locale, con cervella, carne -di vitello o manzo-, laccetti e filoni, verdure dai cavolfiori ai carciofi, zucchini o melanzane, e latte brusco) o lo stocche in tutti i modi compreso coi bacilli, accompagnati dalla scorsonæa, dai cuculi e crocchin.
Tale lista delle vivande, era nota ‘urbi et orbi’: non solo ai sampierdarenesi, ma a tanti ‘foresti’ (piemontesi toscani e lombardi, perfino cinesi); a gente famosa come il sindaco Mario Bettinotti (sindaco di San Pier d’Arena nel 1919 che dalla Gina teneva spesso discorso, agli ospiti del Comune); Lorenzo Stecchetti (direttore della biblioteca Universitaria); G.D’Annunzio (questi nel 1914 la definì ‘badessa intingola’, titolo aulico, per lei di difficile interpretazione e inizialmente genericamente non gradito… la parola intingolo fu mal interpretata); i congressisti provenienti dalla inconcludente ‘Conferenza della Pace’ (con Trotsky, il più illustre frequentatore); i dirigenti dell’Ansaldo e loro ospiti (tra cui viene ricordato il dr. Federico Giolitti figlio del ministro). La fama era veramente planetaria : dopo una visita al porto o ai caruggi ed alla cattedrale, per riempirsi lo stomaco a Genova non c’era alternativa: San Pier d’Arena era la patria dell’arte culinaria (nel 1920, vi esistevano 27 tra ristoranti e trattorie, dei quali una diecina ‘storici’); una tradizionale mèta di gitanti buongustai (valeva ben mezz’ora di tram da Caricamento!). Gina del CampassoMarinai appena sbarcati, cerimonie religiose (comunioni, cresime e matrimoni), frequentatori sportivi della vicina piazza d’Armi (detti ‘footballers’), i soci delle società di mutuo soccorso, i portatori di Cristi prima della pomeridiana spirituale fatica in processione, le famigliole in gita o alla spiaggia. Il nipote Luigi, era il sommeiller dei vini (faceva visitare la cantina solo agli amici che la descrivevano ’linda e pulita e senza una ragnatela, lucida e brillante, ove erano scaffali ripieni di bottiglie’. Non certo la Gina, ma la trattoria pare sopravvisse sino a dopo l’ultima guerra.
Due aneddoti ricordano: il pappagallo ammaestrato che vicino all’uscita con divertimento generale avvertiva ‘gh’è gente’ se qualcuno entrava, e chiedeva per chi usciva:”han pagou?”; mentre per gli invidiosi era sulla bocca uno stornello che suonava “la Gina del Campasso, con la sue raviolate, fa i soldi a cappellate”.

Mauro Salucci è nato a Genova. Laureato in Filosofia, sposato e padre di due figli. Apprezzato  cultore di storia,  collabora con diverse riviste e periodici . Inoltre è anche apprezzato conferenziere. Ha partecipato a diverse trasmissioni televisive di carattere storico. Annovera la pubblicazione di  “Taccuino su Genova” (2016) e“Madre di Dio”(2017) e   "Forti pulsioni" (2018) dedicato a Niccolò Paganini. Ultimo arrivato  il libro dedicato ad un sestiere genovese importante come quello di " Portoria e Molo". Mauro Salucci lo potete anche leggere Salucci di web

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