Il primo corpo normativo che istituì in Genova la corporazione dell’organizzazione dei formaggiai al cui capo vennero posti due consoli, risale al 1438 (doge Tommaso Fregoso). I consoli avevano mandato annuale e non potevano essere forestieri. Dovevano essere esclusivamente maschi perché “le donne non sono giuridiche nè idonee a possedere botteghe”. I formaggiai, insieme ai macellai ed ai fornai, rappresentavano una delle corporazioni più notevoli in Genova nel settore alimentare.Nella metà del Quattrocento si contano circa settanta botteghe. Già nel 1525 oltre centosessanta.La presenza all’interno della bottega del garzone è regolata rigidamente: egli deve fare un tirocinio di almeno sei anni senza interruzioni. Questa accortezza consentiva di regolare la concorrenza fra artigiani.
Dopo i sei anni durante i quali vengono ospitati e mantenuti dal maestro, i garzoni possono aprire la loro bottega.Servi e schiavi non sono ammessi ad alcun praticantato. I formaggiai disponevano anche di una cappella ad essi dedicata all’interno della Chiesa di Santa Maria del Carmine.Oltre ai formaggi la categoria si dedicava alla vendita di pesce non fresco ma affumicato o sotto sale (acciughe, storioni). Ma anche a quella del caviale, importato dalla Russia attraverso la Crimea e quindi Chio.
Potevano vendere anche carne, intesa come prodotto lavorato o salato, salsiccia e carne suina fresca da insaccare. Il formaggiaio della corporazione può’ anche vendere “robba di pelera”, intesa come animale da pelo, dal coniglio al cinghiale. Ultimo importante alimento oggetto di commercio esclusivo è l’olio. Infine vi era la vendita delle economiche candele di sego, alternativa alle più costose candele di cera. Settore quest’ultimo tanto florido ed importante da consentire nel 1625 la nascita della corporazione di “appaltatori di candele” che si separarono dai formaggiai.