Nella foto una rara immagine dell’antica osteria al Carmine di Genova.La farinata, uno dei piatti più apprezzati ha una paternità lontana che viene fatta risalire, secondo una leggenda, ai soldati romani. Addirittura in preda alla fame avrebbero per primi utilizzato gli scudi per cuocere ceci frantumati insieme a olio e acqua.
Se dobbiamo trovare prove e notizie certe, un documento genovese del 1447 proibiva l’uso di olio di cattiva qualità nella preparazione della “scribilita”. Preparazione che veniva cucinata chee venduta dai “pancogoli” e dai “fornarij”. Una tradizione poi ripresa dai produttori di farinata. Ancora oggi il segreto della riuscita di questo piatto sta, ascoltando gli esperti, in pochi segreti . Parliamo della qualità dell’olio e nell’esperienza del cuoco. Le osterie genovesi si chiamavano “Sciamadde” (fiammate) in ossequio ai forni a legna. Qui bruciava il faggio, rigorosamente della Val d’Aveto. C’era, poi, il bancone in marmo. Infine la clientela, a volte anche signorile, che si sporcava le dita d’olio per assaporare non solo farinata ma anche torte di verdure. Queste erano pasqualine, di bietole, di cipolle. Ma c’erano anche torte di riso, polpettoni, ripieni che avevano sapore di antico.
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