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Sia che ci arrivi da via San Sebastiano, sfilando lungo via Roma da Galleria Mazzini con Deffe alle spalle, sia che ci sali inerpicandoti da via 25 aprile, la Maria sta sempre lì e lì da sempre a mezza via di vico Testadoro.

E’ un antro dove il tempo rincorre altro tempo , quello che avevi conosciuto con la  la gamba più lesta e sapori differenti al palato:  ma il gusto che ti pervade, una volta varcata la porta, è quello che avevi in bocca l’ultima volta che ti sei alzato trent’anno fa o giù di lì.

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E sali la stessa scala con gli stessi foglietti posticci al pilone di sempre, solo che non c’è più Lei: Maria, e pensi che se ne sia andata un attimo in cucina.

L’ampia sala al piano superiore, abbraccia gli stessi clienti di sempre, la stessa genia che si sbraccia per un posto da Maria. Ed è tempo di ordinare. Diciamolo chiaro e tondo: qui non vieni perchè pensi di trovar la migliore cucina, qui vieni e ti siedi a consumare atmosfere.

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E allora arrivano i ravioli al sugo che spoveri del formaggio filamentoso. Il vino è quello in caraffa, sfuso, poi meglio una bottiglia di generosa Bonarda.

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Ci sarebbe lo stokke ma che vuoi il baccalà in pastella ti intriga di più con l’aggiunta di un ‘acciuga ripiena: e si mangia appoggiando stomaco e pensieri ad una consumata tela biancorossa.

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Il dolce lo scegli come quello che mangiavi allora ed è sempre il Pandi di Spagna con la crema, glassato quanto basta con la ciliegina candita. E se ti piaceva al tempo ancora di più ti piace adesso.

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E c’è il momento del conto che è sempre un trionfo tra prezzo e qualità: sono 15 euro, ma “Quanto spendevamo allora?”. Erano lire ed erano poche come quelle che non uscivano dalle nostre tasche. Ma la Maria dove sarà andata: a cucinare tra gli angeli.

E poi esci, nella tiepida sera novembrina dell’autunno genovese e ti accorgi di aver mangiato ravioli e ricordi

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